mercoledì 24 marzo 2010

Top fare l'amore

- A chi chiederlo, se non a internet. Tra i 'come si fa' (non tecnici) al primo posto Google segnala in automatico 'come si fa l'amore' con 10 milioni 800 mila risultati, a cui si aggiungono i 18 milioni 700 mila di 'come si fa l'amore per la prima voltà. E, ancora, migliaia di 'come si bacia' e 'come si bacia con la lingua'. Clic che aprono una finestra sul mondo degli adolescenti nell'era del web, sulle loro incertezze, le loro paure, tra spavalderia e imbarazzo.

Domande alla ricerca di risposte soprattutto tra coetanei, anche a rischio d'essere canzonati. Come qualche volta accade. Entrando nei siti si trovano consigli professionali di esperti, una moltitudine di interventi sui blog, ma anche filmati satirici. 'Sono alle prime armi - scrive un ragazzo celato dietro il suo nickname - volevo sapere se bisogna andare veloci o lenti... Quanto bisogna durare? Io in 2 minuti gia' vengo, non so che fare, è quasi un anno che faccio l'amore".

Non sono sempre comprensive le risposte: "Non si può avere tutto dalla vita - gli replica Fifina -, tu hai una gran testa ma per il resto...". Internet 'nuovo' educatore sessuale, a sostituire quello che insegnanti e genitori non riescono o non vogliono fare? E' così per il professor Stefano Pallanti, psichiatra, ricercatore nel campo dei disturbi ossessivo-compulsivi, che sta scrivendo un libro proprio su internet.

"Nella mancanza di riferimenti morali, perché la domanda 'come si fa l'amore' attiene non solo al lato tecnico ma anche a quello etico ed emotivo - spiega -, internet è diventato uno strumento di educazione. D'altra parte, Google funziona esattamente come il nostro cervello, dove al primo posto mettiamo sesso e amore, rispecchiandone perfettamente le priorità di interesse. Ma il fatto che ci si rivolga ad internet è segnale di un'assenza di altri interlocutori, reali e non virtuali a cui porre quesiti importanti".

Per Pallanti, ancora una volta, il ricorso a internet per domande su questioni così intime mette in primo piano due problemi: la fuga dei giovani nella realtà virtuale a cui si associa la negazione della propria individualità ('io esisto perché sono in contatto con il gruppò) e il paradosso di una privacy percepita che di fatto, invece, non è garantita. "Dialogare con esseri che non hanno un volto - spiega il professore - dà la sensazione di anonimato. Ma è soltanto un illusione, perché si è continuamente scrutati e potenzialmente rintracciabili, anche dalla polizia postale".

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