Giornata intensa quella di Fini, passata a ricevere deputati e collaboratori per un'analisi del voto, per capire ora quali strade si possano aprire per le riforme, per ricalibrare il rapporto con Silvio Berlusconi, finora burrascoso. Se il buon giorno si vede dal mattino, la telefonata che c'è stata tra i due - definita da entrambi "molto cordiale" - lascia intendere che la guerra sia alle spalle. Berlusconi alla cornetta è tornato a sfogarsi per la vittoria di Nichi Vendola: "Se solo mi avessero dato ascolto, la Puglia non l'avremmo persa". Ma per Fini sarebbe sbagliato "gettare la croce solo su Raffaele Fitto, considerato che quattro quinti del partito erano contro l'accordo con la Poli Bortone, compreso Alfredo Mantovano". I due leader del Pdl si salutano, con la promessa di vedersi di persona dopo Pasqua.
Fini nella riunione con i suoi torna poi ad analizzare cosa è successo domenica e lunedì. Parla di un risultato "al di là delle previsioni". Alcune cose, spiega, erano "totalmente imprevedibili", come il successo di Cota, "dovuto ai voti sottratti alla Bresso dai grillini: un po' come mandare una palla in buca dopo sei carambole". Anche sulla vittoria di Renata Polverini, confidano i "finiani", ci si sperava "più per ostinazione che con raziocinio". Questo perché "la lista del Pdl non c'era e la Bonino era più conosciuta. Ma il voto delle province è andato sopra ogni aspettativa. Il Vaticano è stato influente, certo, ma soprattutto ha pesato quel voto popolare che, nel Lazio, una volta era andreottiano". Bene, adesso la prospettiva. "Nessuno - ammette il presidente della Camera con i suoi fedelissimi - sa cosa accadrà, ci muoviamo tutti a tentoni. Berlusconi è più forte, il governo è più forte, ma il rapporto con la Lega dovrà essere ricalibrato sulle richieste di Bossi". E se qualcuno tra i "suoi" già si prepara all'offensiva contro il Carroccio, il presidente della Camera invita alla calma: "Bossi è saggio, lo so per esperienza. È interessato a fare le riforme e quindi ha bisogno di stabilità. Bossi è tutt'altro che un Rodomonte. Anzi, punta al federalismo fiscale e ha bisogno dell'ultimo anello, quello dei decreti attuativi". Fini ieri ha parlato anche con il leader lumbard e il ministro delle riforme gli ha chiesto una mano per spingere Berlusconi sul "sentiero delle riforme". "Io per parte mia non mi sottraggo, sarebbe una cosa folle".
Semmai il presidente della Camera vigilerà affinché Berlusconi rispetti le sue stesse promesse e "non si fermi soltanto alla riforma della giustizia". Quanto al presidenzialismo, nessun tabù. "Io vado a vedere", ha annunciato Fini ai suoi, ricordando che il prossimo 8 aprile la Fondazione Farefuturo organizzerà un convegno proprio sul modello francese: "Non ho nulla di cui pentirmi, anzi sono le circostanze che vengono sul mio terreno". Il presidenzialismo insomma Fini non lo rinnega ma "bisogna capire bene chi è il sarto che cuce l'abito presidenziale, con quale stoffa". C'è infatti "il modello austriaco, in cui il presidente non conta; quello francese, dove nomina il primo ministro e di fatto dirige il governo; quello americano, che è sotto gli occhi di tutti. Insomma, non è una scatola di pomodori, non basta l'etichetta, bisogna vedere cosa c'è dentro".
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