mercoledì 24 marzo 2010

Addio alla masiero

Veneziana, aveva 82 anni.
Il debutto come soubrette
con Chiari e Macario,
poi il repertorio drammatico
MASOLINO D'AMICO
Ho visto per l’ultima volta in teatro Lauretta Masiero poco più di dieci anni fa, incantevolmente accoppiata con Isa Barsizza, l’unica altra leggenda vivente del nostro antico e glorioso teatro di varietà a lei paragonabile. Il testo era un classico della prosa, vale a dire un adattamento del romanzo di Palazzeschi Le sorelle Materassi e la situazione poteva sembrare ancora più classica: due ex soubrettine diventate così vecchie e sagge e rispettabili da farsi perdonare gli ormai lontanissimi esordi nel dopoguerra, quando si dimenavano seminude su palcoscenici affamati di carne giovane e di spensieratezza. Senonché era vero piuttosto il contrario. Con la loro grazia piena di umorismo, con l’aerea naturalezza in cui abitavano il palcoscenico, le due irresistibili signore riuscivano a resuscitare, oserei addirittura dire malgrado i loro personaggi, una preziosissima dose della verve che, attraverso di loro, aveva fatto sognare un’Italia che aveva bisogno di spensieratezza ancora più che di pane.

Entrambe quelle due - anche se d’ora in avanti la dolorosa circostanza della sua scomparsa, ieri a Roma, a 82 anni, m’imporrà di occuparmi della sola Masiero - avevano ancora, infatti, quello che avevano sempre avuto: quella leggerezza innata, quell’allegria congenita, quell’impossibilità di risultare, in qualsiasi situazione, volgari. Sarebbe riduttivo chiamarlo semplicemente talento. Senza talento in teatro si combina poco, ma d’altro canto il talento è solo una disposizione che facilita gli inizi; sul talento si deve lavorare, il talento si affina, il talento si sviluppa e matura. Mentre Lauretta Masiero, come si dice a Roma, era nata imparata. Era anche nata a Venezia, non certo uno svantaggio, né era uno svantaggio l’essersi ritrovata un paio di gambe molto lunghe in un Paese dove questo fenomeno non era, ai suoi tempi, così frequente. Il che non vuol dire che non avesse dovuto anche faticare, e parecchio, prima di conquistare il mestiere e diventare una vera professionista.

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