Il medico personale di Michael Jackson, Conrad Murray, il giorno in cui il cantante morì, il 25 giugno dello scorso anno, ritardò a fargli il massaggio cardiaco e cercò di nascondere una serie di farmaci prima che nella villa di Los Angeles arrivassero i soccorsi. E' quanto si sostiene in alcuni documenti citati dall'agenzia "Associated Press" e ripresi con evidenza dal "New York Times".

Le dichiarazioni - di cui la AP è entrata in possesso - rese da lui e da altri due dipendenti gettano nuova luce sulle concitate ultime ore della vita di Jackson. Alvarez ha detto agli investigatori di essersi precipitato nella stanza del cantante e di averlo trovato coricato sul letto, con gli occhi sbarrati, la bocca spalancata, senza alcun segno di vita. Il dottor Murray si adoperò disperatamente per rianimarlo, praticandogli anche la respirazione bocca a bocca. Due dei figli di Jackson, Prince e Paris, entrarono nella stanza e si misero a piangere vedendo il medico che cercava di rianimare il padre. Venne chiamata una tata per portarli via.
I documenti riferiscono anche di uno strano scontro avuto da Murray in ospedale dopo che Jackson fu dichiarato morto. Il medico ribadì con insistenza che doveva rientrare nella villa per prendere una certa crema di Jackson ''in modo tale che nessuno sappia niente della sua esistenza''. Il "New York Times" precisa che l'avvocato di Murray, Ed Chernoff, ha respinto categoricamente le accuse, escludendo che il suo cliente possa essersi adoperato per nascondere farmaci e definendo ''inconsistenti'' le dichiarazioni rilasciate da Alvarez. Il legale ha riferito che Alvarez è stato interrogato due volte dalla polizia e ha fornito versioni diverse su quanto avvenuto nella camera da letto del cantante.
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