mercoledì 26 maggio 2010

Impariamo dall'Asia la vera exit strategy

Disordini, debiti e la strisciante paura di un incombente decennio perduto: non stupisce che in Europa serpeggi il pessimismo. In realtà non stiamo assistendo a una mera "crisi finanziaria, parte seconda", ma alla "sfida della crescita sostenibile, parte prima". La differenza ha implicazioni di tutto rilievo per la politica. Quando si sbaglia la diagnosi, ne deriva una terapia errata.

Il pacchetto da 750 miliardi in difesa dell'euro serve solo a guadagnar tempo. Ma non sarà sufficiente. Finora il mondo ha concentrato la propria attenzione sulla contrazione e l'indebitamento fiscale, ma questo è solo un aspetto dell'intera vicenda. Il mondo e l'Europa devono tornare anche a una crescita solida e sostenuta, senza la quale i correttivi fiscali saranno soltanto più dolorosi e la politica più ingestibile.

Per evitare un salvataggio decennale - con tutti i rischi politici ed economici che ciò comporta - il mondo necessita di una maggior crescita sia nei paesi in via di sviluppo sia in quelli sviluppati. Stiamo assistendo a uno spostamento in corso verso una nuova economia globale multipolare, con migliori prospettive nei paesi in via di sviluppo che in quelli sviluppati. La Banca mondiale prevede una crescita nelle economie in via di sviluppo pari a circa 6 punti percentuali per quest'anno e per il prossimo, più del doppio di quanto previsto per i paesi a più alto reddito. Dal 2000 ai paesi in via di sviluppo si deve oltre la metà dell'aumento nella domanda globale di importazioni.

Qui non si tratta di vincenti piglia-tutto. Un'accelerazione di questo spostamento potrà aiutare i paesi sviluppati a risolvere i loro problemi e al contempo dar vita a un sistema globale meglio bilanciato. Ogni dollaro speso in beni d'investimento nei paesi in via di sviluppo può rendere 35 centesimi di dollaro nella domanda di beni capitali prodotti nei paesi ad alto reddito, esattamente il genere di beni di gran valore che creano posti di lavoro ben remunerati.

La crescita può essere ottenuta tramite cambiamenti politici, senza finanziamenti statali. L'apprezzabile sviluppo registrato dall'India dagli anni 90 ha abbinato i profitti del manifatturiero alla riforma del settore dei servizi. Uno studio della Banca mondiale condotto su 4mila aziende indiane dal 1993 al 2005 dimostra che le riforme nei settori bancari, delle tlc e dei trasporti hanno aumentato la produttività manifatturiera. Alcune riforme politiche in Africa hanno incoraggiato il settore privato a investire oltre 60 miliardi di dollari in tecnologia, mettendo ormai il 65% degli africani nelle condizioni di poter accedere a servizi di telefonia wireless.


fonte ilsole24ore.com

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